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C7 – I Pattern (la difficoltà più incompresa)
“A prescindere dall’ambito, il problema più difficile da superare,
è il problema che non sai di avere.”
Il “problema che non sai di avere” in questo caso ė il terzo di 3 elementi fondamentali che servono per imparare a padroneggiare una lingua.
Quasi tutti sono convinti che gli elementi da acquisire inevitabilmente per imparare una nuova lingua siano fondamentalmente 2, i 2 che poi sono anche quelli che ci fanno studiare a scuola, ovvero lessico e regole grammaticali.
C’è però un terzo elemento che non viene mai in mente a nessuno, ma che è altrettanto fondamentale per poter arrivare a parlarle davvero quella lingua, e questo terzo elemento ė l’abitudine ai nuovi pattern.
Infatti la vera difficoltà nel diventare la tua versione inglese, soprattutto nel dialogo ma anche nell’ascolto, è il fatto che le frasi inglesi e quelle italiane hanno strutture diverse.
Come visto nella consapevolezza precedente, potremo trovarci davanti a frasi aventi lo stesso identico significato, ma che si costruiscono in modo completamente diverso, utilizzando elementi grammaticali diversi nelle 2 rispettive lingue.
È per questo motivo che traducendo una frase da una lingua all’altra parola per parola, la frase tradotta il più delle volte sarà sbagliata.
Un conto è tradurre qualcosa come “io sono Davide” in “I am Davide”, un altro è tradurre frasi più complesse, che magari usano tempi italiani che in inglese non esistono.
Infatti il più grande esempio che potrei fare per farvi comprendere definitivamente l’importanza dell’abituarsi ai pattern inglesi piuttosto che a quelli italiani, è evidenziare una delle più profonde differenze che esiste tra le 2 lingue.
Questa differenza enorme e sotto gli occhi di tutti (anche se nessuno se ne accorge) sta proprio nella formazione dei tempi verbali.
L’italiano ha una coniugazione del verbo diversa per ogni tempo (presente = mangio, futuro = mangerò, condizionale = mangerei ecc).
L’inglese invece non ha tutte le nostre coniugazioni, ne ha una manciata in totale.
Come fa quindi la lingua a creare un corrispettivo di tutti i nostri tempi verbali?
Come noi, anche loro a suo tempo avranno avuto l’esigenza di comunicare determinati tempi verbali, ma piuttosto che creare un verb tense per ogni tempo, hanno ovviato al problema facendo corrispondere a ogni nuovo tempo una certa disposizione del lessico già presente.
Spieghiamo meglio riprendendo l’esempio della pagina precedente.
In italiano, come già detto, per formare una frase al futuro basta coniugare al “futuro semplice” il verbo principale della frase, e quindi dire “io farò” piuttosto che “io faccio”.
Gli inglesi invece il tempo futuro non ce l’hanno, e quindi per formare una frase che abbia lo stesso significato del nostro futuro, sono costretti ad aggiungervi dei pezzi.
Quindi:
Italiano | Inglese | |
Presente | Io mangio | I eat |
Futuro | Io mangerò | I will eat |
Si aggiunge will, et voilà il presunto futuro è fatto.
Come dicevamo prima però, basta tradurre letteralmente la frase inglese dell’esempio per accorgersi che in realtà quello non è un vero “tempo futuro” come lo è nel caso dell’italiano, ma come possiamo tutti vedere da soli, si tratta di una frase al tempo presente che indica un’azione futura grazie al verbo aiutante “will” aggiunto a tale scopo.
Quel “will” messo lì, tradotto letteralmente non significa altro che “ho la volontà di”.
E “Ho la volontà di” se ci pensi è chiaramente è un presente, che però presuppone che ciò di cui si ha volontà accada nel futuro.
Un vero e proprio stratagemma, che ha evitato all’inglese la necessità di avere veri e propri tempi verbali univoci per qualunque diversa occasione.
Capito questo, ai vostri occhi inizierà a risultare sconveniente continuare a cercare corrispettivi tra le 2 lingue, e inizierà a sembrarvi piuttosto logico e automatico focalizzarvi sull’apprendimento delle strutture diverse delle frasi inglesi
Sono quelle che dobbiamo imparare e alle quali dobbiamo abituare il cervello, e il modo più rapido per ottenere questa nuova abitudine alle strutture non è né ascoltarle né leggere, ma è bensì utilizzarle.
Senza utilizzare le nuove strutture (e quindi senza abituare i pensieri a partire da quelle), traducendo frasi come…
“Da quanto tempo stai studiando inglese?”
otterremmo sempre dalla nostra testa frasi inglesi quali…
“For how time you are studying english?”
Traduzione letterale, ma sbagliatissima, in quanto la frase che ci sarebbe dovuta venire in mente per esprimere lo stesso concetto era piuttosto…
“How long have you been studying english?
Che letteralmente è “quando lungo hai tu stato studiando inglese?”.
Bello no?
Quello è il modo in cui penseremo noi parlando in inglese quando avremo finalmente imparato le diverse strutture che permettono alle frasi inglesi di formarsi e di ottenere il senso che chi parla gli voleva dare.
Ciò che faremo con gli esercizi quotidiani di questo metodo di studio non sarà altro che un’azione mirata al fine di abituare la nostra mente ai nuovi pattern.
Quando ti chiederai “ma perché devo ripetere ogni giorno le stesse frasi, ormai le cose le so”, ripensa a questa sezione.
Solo quando quel modo di comporre le frasi ci risulterà ovvio “a orecchio” come adesso ci capita con l’italiano, allora riusciremo a fare il vero salto che ci renderà in grado sia di parlare inglese senza pensare prima in italiano, sia di comprendere ben più facilmente l’inglese altrui.
Questo succederà in quanto, finalmente abituato alle strutture e alle parole che di solito le compongono, il nostro cervello diventerà in grado di riempire da solo eventuali buchi della frase ricevuta, permettendoci di capire anche senza aver sentito perfettamente tutte le parole.
Questa consapevolezza ti porterà a:
- …capire che lessico e regole, seppur fondamentali, sono solo una parte di ciò che serve ad imparare davvero.
- …capire quanto le 2 lingue siano diverse anche nel modo di costruirsi piuttosto che solo nel lessico
- …vedere l’esercizio pratico come utile allo sviluppo dell’“ovvietà” riguardo la posizione delle parole nelle frasi.